un progetto di Agostino Di Scipio
musica, ambienti elettroacustici ed elaborazione audio-digitale* di Agostino Di Scipio
videoproiezioni e stage design di Matias Guerra
testi raccolti da annunci di domanda/offerta di lavoro, pubblicità legale e finanziaria e dalla Teogonia di Esiodo
Prologo (installazione) |
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Introitus / Impulso |
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I, II, III |
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Excursus (frammenti sonori da Esiodo) |
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IV, V, VI |
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Exitus / Risonanza |
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Epilogo (installazione) |
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*prima esecuzione assoluta
Gianni Trovalusci flauti, computer, live camera
Alice Cortegiani clarinetto basso, computer, clavette, live camera
Gabriele Boccio violoncello, computer, live camera
Marco Di Gasbarro tam-tam, clavette
Agostino Di Scipio catene elettroacustiche, computer, clavette
Mario Gabola sax e feedback elettroacustico
Dario Sanfilippo computer, live camera
Giuseppe Silvi timpano elettroacustico, computer, clavette, live camera
Agostino Di Scipio regia del suono
Matias Guerra regia luci, proiezioni, live camera mixing
Federico Mari Fiamma, Daniel Scorranese assistenti alla regia
Marco Matteo Markidis assistenza al porting informatico
voci di Esiodo: Kostas Paparrigopoulos, Dimitris Exarchos (fuori campo)
Si ringraziano per la collaborazione Filippo Fossà, Giulio Romano De Mattia, Edoardo Scioscia, Lorenzo Scandale
In questo progetto di teatro musicale da camera, l'evento sonoro non è mai di origine solo umana ma neanche solo nonumana (macchinica e ambientale): il corpo performativo è sempre ibrido e distribuito secondo dinamiche ecosistemiche dove ogni componente è in contatto con ogni altra parte: il suono è l'interfaccia. La proposta riflette, nell'esperienza del suono, le odierne esasperanti condizioni di lavoro precario, espressione di una concezione dell'umano come risorsa gestita da agenti macchinici e algoritmici.
Il progetto, nato inizialmente col titolo Risorse umane nel 2008 su invito della Società dei Concerti “Barattelli” di L’Aquila, fu sospeso e annullato in conseguenza del sisma dell’aprile 2009. Alcune parti sono state poi sviluppate separatamente, in molteplici occasioni, in sedi italiane ed europee. Il progetto viene ripreso e ripensato per il festival di Nuova Consonanza 2024, per gli spazi della Pelanda, col titolo Umano post umano*, con l’idea di integrare e comporre alcune delle pratiche performative messe a punto dal compositore negli ultimi due decenni. Ogni aspetto della performance – secondo una ridotta economia di mezzi strumentali, elettroacustici, informatici e telematici – evolve in relativa autonomia ma in funzione della specificità del luogo – “in tempo reale” ma soprattutto “in spazio reale”. Ne emerge una condotta d’insieme coerente, benché precaria e soggetta a disorientamenti, derive ed eventuali fallimenti. L’origine degli eventi musicali non è attribuibile unicamente al gesto umano ma neanche univocamente alle componenti non-umane dell’infrastruttura tecnica e logistica: il “corpo performativo” è ibrido e distribuito e opera secondo una propria dinamica ecosistemica dove ogni parte influenza ogni altra parte, nel medium del suono. Senza rifugio in una realtà virtuale, senza fughe in spazi astrattamente immateriali, l’insieme vive dell’interdipendenza materiale di performers, spazi condivisi e appropriazione creativa dei mezzi.
Questa dimensione progettuale e compositiva – già di per sé evocativa di temi rilevanti dell’epoca odierna – viene in questo progetto virata verso una tematica più specifica, legata a fenomeni sociali tipici del nostro tempo, cioè alle ormai sistemiche condizioni di lavoro precario funzionali a un neo-liberismo esasperato, a una concezione alienante dell’umano come risorsa gestita da agenti macchinici e algoritmici (a loro volta delegati da agenti umani ormai spesso non più in controllo delle operazioni).
azione, situazione
Microfoni e altoparlanti irregolarmente sparsi, teli leggeri semitrasparenti a tagliare lo spazio in modo irregolare. Nella luce soffusa, alcune postazioni di lavoro con laptop, piccole percussioni e accessori diversi – oltre ad alcuni strumenti musicali: flauti, violoncello, clarinetto basso, timpano (tutti dotati di protesi elettroniche che “aumentano” ma invero anche “diminuiscono” e sovra-determinano la gestualità strumentale). Ogni postazione è una autonoma catena strumentale-elettroacustica-informatica, non sottoposta a una direzione o regia centralizzata. Gli strumenti stessi sono componenti meccaniche di un sistema, dal cui funzionamento non sono indipendenti. I performer hanno proprie luci di servizio (lampade frontali) e webcam a bassa risoluzione con cui si guardano (si sorvegliano?) a vicenda. Luci e immagini attraversano i teli, si frangono sulle pareti, sui performer, sugli ascoltatori. Alcuni operatori si aggirano nella penombra fornendo “pronto intervento” di manutenzione tecnica alle varie postazioni.
Nell’economia di mezzi così progettata, l’accadere e l’articolarsi dei suoni restano legati qui-e-ora delle circostanze e contingenze performative: è possibile che – dal silenzio, dal rumore di fondo, da residui acustici del luogo, dalla mera compresenza di umani e macchine – si formino attriti e contatti, che si dia l’insorgenza di segnali e di un senso? Le sonorità prendono forma da relazioni distribuite, da co- e inter-dipendenze incerte e aperte, udite ora come texture atmosferiche ora come gesti più netti benché transienti, transeunti. Modalità non-omogenee di diffusione del suono: puntiformi, frontali, diffuse, immersive. Modalità plurali di ascolto. Si fa musica innanzitutto ascoltando: dare ascolto è parte attiva della dinamica performativa. Si agisce e si è costantemente agiti, si è vincolati da ciò che si intende vincolare: qui “musica” è la tensione di questo essere più e meno di sé stessi. Tensione performativa in equilibrio instabile, della cui precarietà (tragicità) essere grati. Nel suono ascoltiamo (accogliamo) le condizioni dell’accadere degli eventi e le condizioni del nostro accoglierli (ascolto).
flusso, segmento
L’intero si dipana attraverso vari circuiti e interazioni in feedback, attraverso una “stabile confusione” di cause ed effetti a catena e in parallelo. La causalità si ramifica, si distribuisce... (la responsabilità si fluidifica...). Il flusso però è segmentato in sei parti (più Introitus ed Exitus), segnalate dall’incombere e rincorrersi di giovani voci fuori campo (emesse da quali corpi e quali intelligenze?). Voci che chiedono e offrono lavoro, che si definiscono sui mercati della gig economy e sui mercati finanziari; voci di risorse umane precarie eppure dalla postura udibilmente efficiente (performante), convinte del loro esser-ci, del loro essere-per la propria reificazione naturalmente a qualunque costo (spogliate di sé in partenza, da altre forze, prim’ancora di ottenere l’ambìto lavoro). Cosa sa l’orecchio del mobilitare e del rimettere la propria umanità in quanto risorsa? Da quale fondo muto sorge o risorge ciò che qui è umano?
Nel prima (Prologo) e nel dopo (Epilogo), echi dei “rapporti di produzione”: voci raccolte dal compositore (nell’improbabile ma effettivo ruolo di un cinico gestore delle risorse umane) durante colloqui preliminari coi protagonisti della performance (interpreti, collaboratori, organizzatori). Voci che restano per lo più incomprensibili, che penetrano il corpo risonante di un tam-tam e attraversano poi altri livelli di trasmissione e trasduzione (processi di “mediazione culturale” di cui l’orecchio sa – se vuole – portare traccia).
Nel mezzo, un Excursus o digressione poetica, arbitraria e perciò necessaria: i rumori della guerra dei titani di Esiodo (frammenti dalla Teogonia, in greco antico e moderno), echi di schianti e di grida di cui tremano terra, mare e cielo, dove un’umanità sempre precaria si rivela postuma, successiva all’affiorare incerto (e allo sfiorire) di un senso.
Agostino Di Scipio
in collaborazione con LEAP / Laboratorio ElettroAcustico Permanente - Roma, Dipartimento di Musica Elettronica e Nuove Tecnologie del Conservatorio di Musica di L’Aquila, Azienda Speciale Palaexpo - Il Mattatoio di Roma
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