Franz Joseph Haydn (1732-1809) |
Trio n. 6 in Fa maggiore, Hob. XV:4 |
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I. Moderato |
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II. Minuetto e Trio |
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III. Allegro molto |
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Lorenzo Marino (1998) |
Interludio* (2024) |
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Johannes Brahms (1833-1897) |
Liebeslieder-Walzer, op. 52 (1868-9) |
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trascrizione di Riccardo Pugliese |
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1. Rede, Mädchen (Im Ländler-Tempo) |
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2. Am Gesteine rauscht die Flut |
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3. O die Frauen |
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4. Wie des Abends schöne Röte |
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5. Die grüne Hopfenranke |
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6. Ein kleiner, hübscher Vögel (Grazioso) |
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7. Wohl schön bewandt war es |
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8. Wenn so lind dein Auge mir |
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9. Am Donaustrande |
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10. O wie sanft die Quelle |
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11. Nein, es ist nicht auszukommen |
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12. Schlosser auf |
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13. Vogelein durchrauscht die Luft |
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14. Sieh! wie ist die Welle klar |
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15. Nachtigall |
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16. Ein dunkeler Schacbt ist Liebe (Lebhaft) |
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17. Nicht wandle mein Licht (Mit Ausdruck) |
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18. Es bebet das Gesträuche (Lebhaft) |
* prima esecuzione assoluta
Trio Zazel
Francesco Gemo violino, Mattia Geracitano violoncello, Riccardo Pugliese fisarmonica
Il programma del Trio Zazel spazia tra celebri pagine della storia della musica occidentale e la composizione dei nostri giorni, con una prima esecuzione assoluta di Lorenzo Marino. Grazie all'originale formazione composta da violino, violoncello e fisarmonica, i lavori di Franz Joseph Haydn e Johannes Brahms, trascritti per questo insolito organico, vengono rivisitati con una nuova veste timbrica. Nato nell’ambito della lunga permanenza di Franz Joseph Haydn come musicista di corte presso la famiglia Esterházy, il Trio n. 6 in Fa maggiore, Hob. XV:4 è perfettamente rappresentativo della simmetria delle forme del periodo classico. Il dialogo strumentale si sviluppa con equilibrio e armonia, in uno scambio costante e misurato tra tensioni e distensioni. Nei Liebeslieder-Walzer di Johannes Brahms, composti originariamente per voci e pianoforte a quattro mani e trascritti per il Trio Zazel da Riccardo Pugliese, emerge con chiarezza l’influenza del canto popolare, considerato dalla cultura romantica espressione autentica dell’identità di un popolo. Essi percorrono la raffinata tradizione della Hausmusik, che animava la vita dei salotti dell’Ottocento.
In Interludio, come spiegato da Lorenzo Marino, «la ricerca della simbiosi dei tre strumenti in un unico corpo, attraverso la trasformazione e la reinterpretazione continua del dialogo cameristico, costituisce il fulcro generativo dell’arcata macroformale del brano. Un’iniziale distanza simbolica, declinata in una costante non sovrapponibilità e in una concezione quasi atemporale dello sviluppo lineare, fa da preambolo a una rilettura del materiale affidata allo strumento trio nella sua interezza: la fugacità fisarmonicistica della prima sezione e le parentesi sincroniche dei tre strumenti, così, si convertono in un susseguirsi di baci cameristici e di gestualità condivise che mirano alla costante ricerca di un’intenzionalità comune. La cadenza nevrotica del violoncello solo e la susseguente liquidazione conclusiva, tuttavia, traducono malinconicamente l’impossibilità di un proposito condiviso e configurano il trio stesso come una parentesi sospesa all’interno del programma».
In collaborazione con Direzione Regionale Musei Lazio, Associazione Domus Danae
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