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Spettacolo
13/12/2022
Roma, Teatro Don Bosco

Mi chiamo forse, Alì
cantata liberamente ispirata a una poesia di Pier Paolo Pasolini

Descrizione

 

Testo di Sandro Cappelletto, da Pier Paolo Pasolini

Musica di Matteo D’Amico e di Enzo e Lorenzo Mancuso

 

Patrizia Polia soprano

Alessandra Arcangeli e Sandro Cappelletto voci narranti

Saria Convertino fisarmonica bayan

Alessandra Montani violoncello

Luigi Cardi video

allestimento scenico a cura di Cecilia D'Amico

 

Ebbene ti confiderò, prima di lasciarti,
che io vorrei essere scrittore di musica,
vivere con degli strumenti
dentro la torre di Viterbo, che non riesco a comprare,
nel paesaggio più bello del mondo, dove l’Ariosto
sarebbe impazzito di gioia nel vedersi ricreato con tanta
innocenza di querce, colli, acque e botri,
e lì comporre musica
l’unica azione espressiva
forse, alta e indefinibile come le azioni della realtà.

(Pier Paolo Pasolini, Il poeta delle ceneri)

 

Mi chiamo forse, Alì

«Alì dagli occhi azzurri / uno dei tanti figli di figli, / scenderà da Algeri, su navi / a vela e a remi. Saranno / con lui migliaia di uomini / coi corpicini e con gli occhi / di poveri cani dei padri / sulle barche varate nei Regni della Fame. Porteranno con sé i bambini, / e il pane e il formaggio…».

Negli anni Sessanta del secolo scorso, prendendo spunto da un racconto di Jean-Paul Sartre ambientato nel tempo e nei luoghi della allora recentissima guerra d’Algeria, Pier Paolo Pasolini scrive, alternando prosa e versi liberi, un testo che chiama Profezia. Rimarrà l’unico suo scritto ad avere tale titolo. Non ha avuto il tempo per vedere quanto presto si sia realizzata.

Nelle riflessioni con Matteo D’Amico, Enzo e Lorenzo Mancuso, è emerso il desiderio di avviare con questo testo di Pasolini un dialogo, quasi stessimo scrivendo al suo autore una lettera fatta di parole, canto e musica per, se così possiamo dire, aggiornarlo. Per chiedergli se ha davvero pensato che sia mai esistito, che potrà mai esistere, un Alì dagli Occhi Azzurri.

Ricercando le tracce del mito di Alì si può risalire fino ad Adamo, il primo di noi a mettersi in viaggio, come se altro non ci fosse consentito di fare. Quando immaginava Alì, Pasolini pensava anche a Cristo, che se ne va di casa prendendo la bisaccia e i sandali del padre. E attendeva – con/fondendo nella palpitazione visionaria e davvero profetica della parola e delle immagini, il mito e la storia, l’arcaico e il contemporaneo – i tanti Alì venuti e che verranno a incrociare con le nostre le loro vite, le speranze, le attese, le sconfitte, i lutti.

E se il tema portante di questa ‘profezia’ pasoliniana è quello dell’abbraccio verso ‘l’altro da sé’, dell’incontro con il ‘diverso’, la musica non può seguire altra via che quella dell’accostamento di esperienze diverse, sì, ma unite dalla radice comune di un sentimento umano che parla attraverso il ‘melos’, inteso come universale categoria espressiva. Diverse quindi le vie, le storie, ma un obbiettivo comune: sublimare in musica le speranze, gli aneliti, le sofferenze e le gioie di chi crede possibile un futuro di ‘com/passione’. A volte è la musica di Matteo D’Amico che s’infila negli interstizi dei canti di Enzo e Lorenzo Mancuso, valorizzandone le potenzialità armoniche e polifoniche, a volte sono i due cantori che raccolgono uno spunto dalle proposte strumentali, trasportandole nel flusso più intenso della voce.

«Milioni e milioni di essi sono già pacificamente immigrati… per insegnare come si è fratelli»: pacificamente, un avverbio che oggi appare impossibile perfino da pronunciare. Eppure necessario quanto un’utopia, per tentare di ricomporre la scissione tra Oriente e Occidente, il corpo e la ragione, la vita e la storia, «in nome degli uomini semplici che la povertà ha mantenuto puri». Che non hanno altra colpa se non quella di esistere. Una storia, la nostra, che Pasolini giudicava conclusa: «Ma io, con il cuore cosciente / di chi soltanto nella storia ha vita, / potrò mai più con pura passione operare, / se so che la nostra storia è finita?».

Con Profezia, altri passi dei suoi testi sono presenti nel nostro racconto, tratti da Cristo al Mandrione, Il dì da la me muàrt (una poesia friulana qui proposta in italiano), Le ceneri di Gramsci.

Un sincero ringraziamento va a ELS (Edizioni Libri Serigrafici E altro) di Roma, per i cui tipi è uscito Erano come due notti. Un libro che con parole e illustrazioni racconta le contemporanee vicende di altri Alì.

Sandro Cappelletto
Matteo D’Amico

 


Il progetto è realizzato con il sostegno del Ministero della Cultura - Direzione generale Spettacolo ed è vincitore dell'Avviso Pubblico Lo spettacolo dal vivo fuori dal Centro - Anno 2022 promosso da Roma Capitale - Dipartimento Attività Culturali.

 

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Informazioni

13/12/2022 - ore 21
Roma - Teatro Don Bosco
via Publio Valerio, 63

 

Biglietti
10 € intero
8 € ridotto over 65
5 € ridotto studenti