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Concerto
14/12/2024
21:00
Auditorium Parco della Musica

For Peace
Sei melologhi in prima assoluta su testi contro la guerra, a sostegno delle ragioni della pace

Descrizione

Sei melologhi in prima esecuzione assoluta su testi contro la guerra, a sostegno delle ragioni della pace quale metodo e obiettivo per superare le controversie nelle relazioni tra gli uomini.

Nell’ambito delle tematiche promosse dal Festival Politiké, Nuova Consonanza ha commissionato sei nuovi lavori a compositori e compositrici di diverse età e formazioni, con l’intento di esplorare, attraverso la musica, il tema della pace. La pace, concetto universale ma al contempo fragile e ricco di sfumature, è al centro di alcune delle questioni più complesse del nostro tempo. I sei compositori coinvolti lo hanno interpretato secondo le proprie sensibilità e influenze, confrontandosi con eventi e testi di varia epoca e tipologia e dando vita a una pluralità di voci che arricchisce la riflessione collettiva. La voce di Peppe Servillo, accompagnata dalla Roma Tre Orchestra diretta da Mimma Campanale, sarà la guida in un percorso articolato, in cui le diversità stilistiche condividono una comune riflessione su una delle sfide più importanti della contemporaneità. 

                        

Alessandra Bellino (1970)   Sopramondo* (2024) melologo per voce recitante di attore e orchestra
  su testi Sopramondo e Babele di Maurizia Rossella
  (dalla raccolta Vita Naturale Book Editore, 2002)
   
Salvatore Passantino (1992) Natale 1914* (2024) per voce recitante e orchestra da camera
  testo di Salvatore Passantino
   
Luca Lombardi (1945) Quel dolce sogno…* (2024) Frammenti di Kant
  da Alla pace eterna (a cura di Luca Lombardi e Michele Napolitano)
  per voce recitante e piccola orchestra
   
Alessandro Solbiati (1956)   El viejo canto* (2024) per voce recitante, marimba e orchestra d’archi
  testi: Trilussa, La ninna nanna della guerra; Pablo Neruda, da Que despierte el lenador, lettura parziale del n° VI
   
Salvatore Sciarrino (1947)   La voce del sangue (Studio per una testimonianza)* (2024)
  per recitante, flauto e orchestra
  Testo di Salvatore Sciarrino
   
Alessandro Melchiorre (1951)  Dass, was war* (2024) per Nuova Consonanza
  melologo per recitante e orchestra
  liberamente ispirato alla vita e alle opere di Paul Celan

 

Peppe Servillo attore
Manuel Zurria flauto

Roma Tre Orchestra
Matteo Morbidelli, Sophia Azzollini, Ivana Sarubbi, Amalia Candido, Alireza Salhepour violini I
Elisabetta Paolini, Federica Sarracco, Giulia Canuto, Fabio Viglietta violini II
Mara Badalamenti, Michela Marchiana, Uliana Abrashitova viole
Angelo Maria Santisi, Ludovica Luppi, Riccardo Viscardi violoncelli
Pierpaolo Mastroleo, Camilo Calarco Pardo contrabbassi
Antonio Troncone flauto/ottavino
Nicola Scialdone oboe/corno inglese
Alessandro Crescimbeni clarinetto
Edoardo Capparucci fagotto
Nicolò Pulcini tromba
Silvia Bettoli corno
Giacomo Niro percussioni
Mimma Campanale direttrice

                                

Sopramondo
Liberamente ispirata all’incipit del Larghetto del Triplo Concerto op. 56 di L. v. Beethoven con reminiscenze dell’antico introito gregoriano da pacem, la composizione fonde due idee tratte dai precedenti lavori Vox in triplum per quartetto strumentale e Diade per doppia orchestra, presentando un’orchestra reattiva alle sollecitazioni del narratore che recita i due testi interpolandoli fra loro per assecondare l’idea drammaturgica a metà strada fra il reale ed il surreale. In questa graduale e sofferta presa di coscienza, l’uomo giusto si interroga e si tormenta sulle bruttezze del nostro tempo attraversandole in questo processo interiore per giungere alla progressiva consapevolezza dell’unico vero bene universale nella fratellanza.
Alessandra Bellino

Natale 1914
La vigilia di Natale del 1914, nel bel mezzo del conflitto che sconvolse l'Europa, un gruppo di soldati di trincea sperimentò un momento di inattesa tregua. In quella notte fredda e buia, il suono di un canto natalizio unì i nemici, dando vita a un intenso momento di condivisione e speranza. Un racconto che ci ricorda come, anche nelle situazioni più estreme, l'animo umano possa risorgere, cercando un barlume di pace. “Natale 1914” è un'opera che ci invita a riflettere sulla fragilità della pace e sull'importanza di coltivare i valori della solidarietà e della fratellanza.
Salvatore Passantino

Quel dolce sogno…
L’Uomo è terribile e meraviglioso – e anche molto miope: invece di allearsi con i suoi simili per prevenire e arginare le catastrofi naturali, li combatte e li uccide, distrugge il suo ambiente e uccide – per cibarsene o per divertimento – anche gli altri animali.
I vari periodi della sua storia sono in realtà sottoperiodi di quella che io chiamo l’Età della Guerra, nella quale ci troviamo da quando è comparso sulla Terra l’homo sapiens.
Con l’aiuto prezioso di Michele Napolitano, ho scelto alcuni frammenti dallo scritto Alla pace perpetua di Immanuel Kant che, nel 1795, si poneva il problema di come raggiungere una pace durevole tra i popoli – uno scritto, ahinoi, tuttora attuale.
Riusciremo mai a uscire dall’Età delle Guerra? O continueremo a procedere verso l’autodistruzione, mostrando così, nonostante gli strabilianti progressi conseguiti nella nostra breve storia, di essere, alla fin fine, una delle specie più stupide tra quelle che popolano il nostro pianeta?
Luca Lombardi

El viejo canto
Parlare musicalmente di pace in un’epoca in cui questo tema, assieme alla catastrofe ambientale ormai in corso, è o dovrebbe essere quello più drammaticamente presente nelle nostre coscienze, presenta grandi rischi di retorica. Ecco perché ho deciso di scegliere due testi molto diversi, di avvolgerne la lettura con brani per marimba sola e di racchiuderli come punte d’iceberg entro tre brevi pezzi per orchestra d’archi per me molto significativi. Il primo testo è la caustica Ninna nanna de la guerra di Trilussa (quanta odierna verità, in essa!), il secondo è parte di un emozionante augurio di pace di Neruda. I brani per orchestra d’archi sono tre dei miei Sette pezzi sotterraneamente riferiti a zone della liturgia cristiana, l’Offertorio il primo (una sorta di apertura di braccia), il Kyrie il secondo (una drammatica richiesta universale di perdono), l’Alleluja il terzo, una melodia ascendente che cerca malgrado tutto di essere rasserenante.
Alessandro Solbiati

La voce del sangue (appunti per una testimonianza)
Con le guerre l'umanità distrugge se stessa.
Un tema difficile, il tema dell’infamia nostra, sgradito a molti, malgrado esso riguardi tutti, e ciascuno singolarmente. 
Su tale soggetto, durante i mesi trascorsi, cercavo sui libri alcuni passi brevi, che potessero accompagnarsi alla musica. Ho notato però che i pensieri più elevati, quando vengono isolati dal contesto, assumono una insopportabile, generica retorica.
È così che ho provato a mettermi in gioco, ad avvicinare l'argomento cominciando da ciò che ci tiene in vita e ci fa respirare: il sangue.
Oggi, sempre più spesso capita di sentire che qualcuno, fra i nostri conoscenti, sia stato colpito da malattie severe. E se capitasse a noi? Dovremmo affrontare con dignità questo imprevisto.
Da qui sono partito, da una esperienza personale; una terapia del sangue m'ha spinto a riconsiderare la stupidità che ci rende incapaci alla sopravvivenza. Pian piano si è affacciata la memoria dei fiumi di sangue versati nei secoli.
Poco rimane da spiegare, se non che Omero, in un passo dell'Iliade, dichiara di non avere imparato da altri i suoi canti, e conia per sé il termine “autodidatta”.
Ringrazio gli amici che pazienti han seguito in ogni fase la stesura del testo. La mia abituale insicurezza ne ha ricavato coraggio e sostegno.
Salvatore Sciarrino

Daß was war
Celan nacque in Bucovina – allora Romania, oggi Ucraina – nel 1920; nella sua vita errante (Bucarest, Vienna, Parigi) incontrò alcune tra le personalità e tra gli eventi più importanti del ’900 (Bachmann, Adorno, Szondi, Heidegger, Nelly Sachs, Renè Char, il Maggio francese, la Primavera di Praga); diventò così uno dei testimoni più irriducibili di un secolo, forse a torto, definito ‘breve’, un secolo che forse non è ancora del tutto finito.
È noto l’anatema di Adorno del 1949: «Scrivere una poesia dopo Auschwitz è barbaro…», una sentenza cui Celan si ribella anzitutto proprio scrivendo e cercando a più riprese un dialogo col grande filosofo tedesco (si sarebbero dovuti incontrare di persona in Engadina, ma all’ultimo momento l’incontro non avvenne) per dimostrargli che alla fine non solo si può ma si deve scrivere.
Come ricorda Zanzotto: «…l’avvicinamento alla poesia di Celan, anche in traduzione e in forma parziale e frammentaria, è sconvolgente. Egli rappresenta la realizzazione di ciò che non sembrava possibile: non solo scrivere poesia dopo Auschwitz ma scrivere “dentro” queste ceneri, arrivare a un’altra poesia piegando questo annichilimento assoluto, e pur rimanendo in certo modo nell’annichilimento».
Ho isolato alcuni episodi – alcuni testi, alcuni versi – che segnalano biograficamente e per il loro contenuto momenti e temi fondamentali della vita e dell’opera di Paul Celan (testi a volte non di Celan ma di poeti da lui amati – come Mandel’stam – oppure testi che a lui si possono riferire come alcuni di Kundera); si tratta di frammenti spesso tragici, talora lirici, in qualche occasione intimi, a volte drammatici, sempre intensi; ciascuno di essi potrebbe ambire a diventare una scena d’opera. Il brano si divide in sette parti – sette opere in miniatura – che si succedono senza soluzione di continuità.
Alessandro Melchiorre

 

In collaborazione con Fondazione Musica per Roma

 

 

 

 

 

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14/12/2024 - ore 21
Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone - Teatro Studio Gianni Borgna

viale Pietro de Coubertin 30

COME ARRIVARE
Metro A Flaminio + tram 2 / Autobus 168, 910, 982, n3d, n3s

BIGLIETTI:
intero 15€
ridotto 10€ (over 65, studenti, abbonati Accademia Santa Cecilia, RomaEuropa)