Il Melologo ha per filo conduttore l’Elogio alla pazzia di Erasmo da Rotterdam, nuovamente tradotto, rielaborato e liberamente rimontato in una satira aspra e pungente contro il sapere rozzo, l’ignoranza e le superstizioni, che ancora perfettamente si adatta alla nostra realtà.
drammaturgia e musiche di Carla Magnan, Carla Rebora e Roberta Vacca
Nuovo allestimento per il 61° Festival
Daniela Marazita attrice
Patrizia Polia soprano
Ensemble Freon
Giuseppe Pelura flauto, Paolo Montin clarinetto, Gianluca Russo chitarre, Caterina Bono violino, Matteo Scarpelli violoncello, Luca Caliciotti percussioni
Stefano Cardi direttore
Paola Campanini voce su elettronica
Demo-cracy, ovvero i diritti della follia o la follia della democrazia?
In questa riflessione e in questo gioco di parole è racchiusa la costruzione del nostro lavoro: un puzzle i cui singoli pezzi contribuiscono ora ad una visione unitaria del soggetto («La vita umana non è altro che un gioco della Follia?»), ora lanciano singoli messaggi, quasi spot pubblicitari, perfettamente integrati nella nostra quotidianità.
Il Melologo ha per filo conduttore l’Elogio della pazzia di Erasmo da Rotterdam, nuovamente tradotto, rielaborato e liberamente rimontato in una satira aspra e pungente contro gli usi monastici e feudali, contro il sapere rozzo, l’ignoranza e le superstizioni, che ancora perfettamente si adatta alla nostra realtà.
E ancora una volta la Pazzia, in prima persona e con scanzonata disinvoltura, si occupa d’ogni aspetto della vita sociale, tessendo le lodi della politica e della globalizzazione, della società civile, delle guerre dimenticate, delle violenze ma anche dei creduloni che si affidano ai maghi della televisione, ai reality show, alla realizzazione della vita diventando una velina.
«Sono tante le chiacchiere dei mortali sul conto mio e io conosco bene quanto sia malfamata la pazzia anche tra gli individui più pazzi; eppure il fatto sta che io, proprio io sola, rallegro con il mio divino potere gli dèi e gli uomini».
Niente le sfugge delle miserie umane, creando situazioni al limite del tragicomico, se non fossero tremendamente reali, che danno spunto alla scenografia video e a messaggi non troppo subliminali. Una pazzia, in fondo, anche il nostro stesso lavoro, pensato da tre teste e scritto a sei mani, con pretese per giunta di unitarietà e bellezza: «le idee migliori non vengono dalla ragione, ma da una lucida, visionaria follia».
La forma modulare contribuisce alla compattezza del Melologo. L’interruzione del continuum lineare è affidata a un momento di frattura e sospensione con un ritornello, durante il quale una breve parte del testo – composta prevalentemente di domande senza risposta – si ripete mai uguale a se stessa, ma sempre perfettamente riconoscibile dal punto di vista narrativo.
E per finire...
«...se credete che qualche affermazione sia frutto d’eccessiva sfrontatezza e loquacità, considerate che ha parlato la pazzia, e una femmina per giunta»
Le autrici
In collaborazione con Fondazione Roma Tre – Teatro Palladium
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